sabato 8 giugno 2019


















Riproporlo per me è un dovere "umano"

Una bottiglia di spumante, dal libro "Vaghezza nel soffio vitale"


Tempo permettendo, la sua postazione per la solita
elemosina, un angolo all'ingresso di Notre Dame,
ricevuta nel tempo da altri meno fortunati di lui, dove
disponeva le sue cose e il piattino bene in vista per le
offerte.
Il viso segnato da giovani rughe, gli occhi attraenti
color ghiaccio leggermente a mandorla, la lunga treccia
di capelli, la barba color carota e la statura palesavano
la sua origine nordica.
Ordinato, con il suo bagaglio, si distingueva dagli altri
per il contegno.
Imparò prematuramente a distinguere il bene dal male,
la vita gli aveva predestinato la strada come dimora.
Nel suo peregrinare, poche pretese inconsce dalla
generosità delle persone, lontano da desideri terreni, di
fatto non chiedeva ma aspettava la compassione altrui.
Quella mattina il tenue sole mattutino fu come un
ulteriore richiamo per i fedeli. Finita la messa,
racimolò qualche soldo in più dai generosi.
A distanza, l'aria felice di festa per tutti, con il luna
park e il parco giochi gremito da grandi e piccini.
Il suo umore sempre turbato parve concedergli un po'
di tregua; per alcuni attimi, certi rumori che
dimoravano nella sua mente sembrarono come svaniti,
vedendo e stranamente assaporando la felicità altrui.
La giornata passò tranquilla, nonostante l'affollarsi del
suo spazio ideale di tutti i giorni.
Si fermò a lungo ad osservare, come suo solito, visi e
comportamenti di chi viveva una vita diversa dalla sua;
il resto era solitudine o qualche scambio di vedute con
altri barboni, di cui diffidava e l’amicizia era
superficiale, pur avendo un animo buono ma
palesabile solo a se stesso.
Si fece sera, nutrirsi era la principale preoccupazione e
le potenti luci del luna park si prestavano alla ricerca di
cibo nei cassonetti; riuscì a mettere qualcosa nello
stomaco, sufficiente per lui.
Improvvisa, un’idea gli balenò in testa; sollecitato dal
gruzzolo raccolto la mattina, gli venne in mente di
festeggiare, sentirsi per un giorno cittadino del mondo,
di quel mondo che lo circondava, ma che sentiva non
appartenergli.
Acquistò un panettone e una bottiglia di spumante,

un
legame con la civiltà di cui faceva a meno, pur non
essendo dedito all'alcool fece un'eccezione, e così pure
per le sue magre finanze. Ma nel frattempo si ricordò
dell'opera della misericordia, aperta per i bisognosi.
Dava un’ulteriore opportunità per racimolare cibo,
coperte e si avviò speranzoso.
Per disgraziata sorte di chi lo aveva preceduto, pur
dispiaciuto, dopo tanti anni riuscì ad avere un sacco a
pelo.
Come primo istinto lo odorò, lo strinse a sé e ci posò
la pelosa barba, un piacere inconsueto nel sentire
odore di pulito e di calore. Possederlo gli garantiva
notti al caldo e più comodità.
Nulla al ritorno lo allettava oltre al sacco a pelo, pur
nella confusione. L'attenzione era solo per il suo ricco
e desiderato fagotto, che lo rendeva felice e vivo
nell'anima: grazie a lui, ora, con aria indifferente
prendeva ancor di più le distanze dalla comune euforia
altrui.
Attraversando il parco, solita sede di riposo, alla vista
dei sedili trincerati si rabbuiò, ma subito con un
sorriso sarcastico pensò tra sé:
“Triste l'iniziativa del sindaco di chiudere con del ferro
tutte le panchine, affinché non vengano occupate da
clochard. Liberarsi di noi nei giorni di festa a questo
modo... mah...”, pensò, “un modo come un altro per
evidenziare l'egoismo umano. Una meschinità fuori
luogo, perdersi in azioni del genere.” Anche parte dei
cittadini trovavano l'atto riprovevole, mentre altri
erano ben lieti di fare pulizia di esseri umani allo
sbando.
“...Mah... vallo a capire...”, strinse a sé il sacco a pelo e
si avviò verso la Senna, nella speranza di trovarci
meno folla, scambiare quattro chiacchiere con un
amico e festeggiare in compagnia.
Guardando la Senna nel suo fluire, illuminata,
incorniciata dal via vai della folla, gli vennero tristi
ricordi... la guerra, la perdita dei genitori e il modo con
cui avevano perso la vita che lo perseguitava. Fucilati
dai nazisti davanti ai suoi occhi innocenti, che ancora
non potevano capire il perché.
Solo il ricordo delle raffiche, pungenti nella testa, da
non dargli pace.
Ciò lo teneva lontano da una vita normale, dai rapporti
con gli esseri umani, ecco la scelta di vivere di stenti,
ma libero. Si fece tardi, il problema? Trovare riparo
per la notte, che pur stellata non prometteva niente di
buono.
“Nei cantieri in costruzione troverò senz'altro un
angolo riparato che faccia al caso mio, oggi la città è
troppo caotica e lo sarà sicuramente fino a tarda
notte.” In segno di gratitudine l'istinto lo portò a
sollevare il capo ed ammirare le stelle e in un attimo di
emozione:
“Chi di voi devo ringraziare, siete una più bella
dell'altra, vi ringrazio tutte, luna... tu sai di essere
sempre la mia prediletta, senza te certe notti...”
Giunto ai cantieri, approfittò di un raggio di luce per
capire dove avviarsi, ma udì il latrato di un cane e a
seguito una voce irritata, con l'intenzione di mandarlo
via dai paraggi. Una recinzione intorno ad una casa in
costruzione, ci trovò un varco, entrò, delusione, solo
muri perimetrali.
Nel frattempo i fiocchi di neve, leggeri si posavano su
quella coperta che fungeva da mantello, ma non se ne
preoccupò anzi...
“Sei venuta anche tu a farmi compagnia?”
Per abitudine al buio, vide in un angolo una sorta di
baracca. La mensa provvisoria degli operai con tanto
di tavolo.
“Che fortuna non dormirò per terra.”
Apparecchiò il tavolo con il sacco a pelo con cura, si
grattò la barba, un po’ incredulo quasi non convinto,
felice ci si ficcò dentro.
“Ora sistemerò pure te,” aprì il panettone, ne strappò,
un pezzo lo portò alla bocca e sorrise alzando gli occhi
al cielo, ma di mangiarlo tutto non gli riuscì.
Il suo stomaco non riusciva a contenere grosse
quantità di cibo, bastò poco per sentirsi soddisfatto.
Grande festa “lo spumante!” averlo tra le mani gli dava
un senso strano, quasi di timore non avendo
l'abitudine all'alcool, ma era festa e tutti festeggiavano
brindando!

“Ti assaggerò soltanto, non perché ce l'abbia con te
ma, sono sempre stato lontano dalle tue bollicine,
troppi colleghi morti con te a fianco.”
Aprì e sorrise allo scoppio, sorseggiò e le bollicine
passarono dal naso, lo trovò divertente e sorseggiò
ancora gustandone l'aroma.
“Niente male, dolce e profumato, ma troppe
bollicine.”
Al terzo sorseggio si sentì pervaso da calore e aprì del
tutto il sacco a pelo.
“Non mi hai mai convinto e non succederà stanotte,
però...” E giù un altro sorso. Le bollicine non davano
più fastidio e il sacco a pelo poteva stare aperto,
l'alcool aveva fatto il suo effetto.
Non si accorse che la sua barbetta cominciava a
diventare solida, la notte, cielo sereno ma l'aria
pungente e fredda.
“A questo punto ti lascio, mi hai riscaldato abbastanza
non sei niente male sai, in queste notti in special
modo.”
Una bollicina dietro l'altra non se ne rese conto ma
restò il fondo e il sacco a pelo completamente aperto.
La mattinata si presentò molto rigida tanto che la
barbetta si era cristallizzata.
“Ehi...! Ehi...! Qui ce n’è un altro!!!”

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