venerdì 5 aprile 2019

 Racconto breve dal libro: "Vaghezza nel soffio vitale"

                        Davide “anch'io toccai il cielo”
 

Luce fioca, aria soffocante di chiuso e di fumo
stagnante e nervi tesi, preso atto della sconfitta.
La maggioranza riuscì ad incollarmi con le spalle al
muro come un manifesto di propaganda scaduta.
La mia coscienza, la mia onestà intellettuale mi
impediva di scendere a patti con la corrente stalinista,
salutai e presi l'uscita senza voltarmi.
Pioveva, la pioggia sul viso, una sensazione liberatoria.
Il Partito non necessitava di persone leali, oneste e
libere nel pensiero, troppo alto il gioco e il prezzo da
pagare.
Una volta fuori mi sentii chiamare dal mio amico
fedele di tante battaglie.
“Davide! Davide, dài su vieni dentro!”
“No! È finita, caro Gianni, sono cose già viste e
vissute, m'illudevo potesse cambiare. Tornerò al mio
isolamento seguendo a distanza con tutta calma.”
A casa capirono il mio stato d'animo, non diedi tante
spiegazioni.
Un brutto colpo, un diretto allo stomaco che distoglie
da ogni calcolo o riflessione utile, tanti fuochi
d'artificio di giorno.
Con il tempo la vita tornò a


scorrere più serena e
tranquilla, i fuochi lasciarono spazio ad altri pensieri,
capendo meglio la mia presa di posizione non da
qualunquista o per interesse, ma come un fatto
onorevole e rispettoso degli ideali che mi avevano
formato caratterialmente e politicamente, non di certo
un demagogo burocrate stalinista.
La notizia ci mise un po' ad arrivare e arrivò come
previsto, data l'esperienza.
Tutti i compagni della corrente contraria che
appoggiava gli stalinisti, si dimisero dagli incarichi,
uscendo dal Partito.
“Davide! Davide! Vieni dentro che beviamo qualcosa”
il compagno, quello che più disturbava i miei
interventi (con furbizia e cattiveria), m'invitava al bar a
bere con lui e il resto dei compagni.
Perplesso, accettai l'invito; li trovai tutti come pecore
smarrite... “Ci hanno schiacciato come formiche per le
candidature, non potevamo fare altro! Avevi ragione
tu, compagno!”
Non mi rese felice il tutto: poteva?
La passione di un rivoluzionario è sempre accesa.
“Non possiamo lasciargli campo aperto, sosteniamo
un altro candidato, la lista è lunga!”
La mia idea illuminò i volti avviliti. “Beviamoci sopra,
ragioniamo e cerchiamo di trarne le conclusioni.”
Così mi ritrovai prescelto come responsabile
organizzatore della campagna elettorale di una
compagna di un altro collegio.
Dio, la compagna Stefy, non riuscivo a reggerne lo
sguardo più di due secondi: slanciata, occhi neri
penetranti, capelli corti di un colore nero corvino,
sorriso stampato sul viso tondo, aggraziato da una
bocca con delle labbra carnose e rosa intenso.
Nel complesso emanava un erotismo travolgente.
I miei neuroni, per un attimo, emigrarono altrove.
Compresi dallo sguardo, ancora prima di metterla a
conoscenza delle mie esperienze politiche - sempre
limitate per il mio temperamento focoso -, che le
andavo a genio.
Presi gli accordi per il programma, ci volle un po'...,
guardando di sfuggita non volevo perdere niente di
quella avvenenza.
Seduti, uno di fronte all'altro, ne sentivo il profumo
leggero in tutta la sua essenza.
Al ritorno aprii i finestrini dell'auto, a malincuore, per
liberare la sua fragranza, aveva pervaso anche i miei
abiti.
Ora si trattava convincere mia moglie.
Passare un intero mese in giro a fare propaganda
politica, solo, con una donna...
Le feci incontrare perché facessero conoscenza.
L'idea parve ottima e rassicurante.
Si iniziò subito con volantinaggio, visita a parenti e
amici, riunioni in sezione e in ambito pubblico.
Il tutto procedeva bene, con i compagni che mi
davano, con aria irrisoria, consigli erotici invece che
politico-tattici.
Stefy e il suo compagno, che abitava a Milano, si
vedevano per brevi periodi in base alle disponibilità
lavorative dell'uno o dell'altro.
Dalle telefonate in mia presenza, capivo che lui non
era molto felice dell'operazione politica.
Con il passare dei giorni si creò una confidenza più
esplicita dove ognuno, giorno per giorno, raccontava i
suoi trascorsi di vita.
Nonostante la sua puntualità e l'aria che si produceva
nell’abitacolo dell’auto, il tempo passava fugace, come
per disincanto, a spregio di quella avvolgente
sensazione di benessere e di attrazione velata.
Evidente il nascere di un rapporto più profondo a
forza di stare insieme. Come naturale e prevedibile,
presero vita i primi sintomi di gelosia, cominciai a
saltare l'orario di cena, protraendo i tempi della
delicata compagnia.
Pensavo non potesse nascere niente tra noi, ma il mio
essere fu sempre più preso da certe vibrazioni che una
coppia conosce bene.
Lasciandomi sbalordito e frastornato, quando ne aveva
la possibilità o la scusa, mi dava deboli colpetti sulle
spalle, mi toccava fuggevolmente, facendo pulsare e
fluire il sangue nelle arterie, come un animale che
segue i suoi istinti primordiali. L'esperienza non
mancò di ispirarmi.
Film già visti e rivisti, ci si rende conto, nel vederli
nuovamente, che qualcosa era sfuggita, ma la trama è
sempre la stessa.
Tutto andava nei migliori dei modi, davamo il meglio
di noi in ogni incontro con l'elettorato più attento; la
specialità della nostra intesa trapelava oltre il fattore
politico: “Che coppia però...”
Mi guardava furtiva in tutti i miei movimenti, quando
sorpresa, lasciava spazio ad un sorriso ombrato.
Un filo invisibile delimitava un confine ormai
inesistente, ma nessuno dei due lo spezzava.
Dopo una settimana esatta dal primo incontro in auto,
all'uscita da un bar, posò la sua mano sinistra sul mio
ginocchio destro.
Aveva ceduto per prima, un brivido scosse il mio
corpo, ancora una volta nella mia vita mi resi conto
della mia autostima morta e sepolta: i giochi erano fatti
e non ero stato io ad aver spezzato io l'imperscrutabile
filo.
Attento alla guida, presi quella mano con tremolante
delicatezza e me la portai sulle labbra, mi sorrise...
Pochi secondi di un silenzio attonito parvero un
eternità. “Mi stai facendo perdere la testa...” mi disse
con un sussurro eloquente. Per tutta risposta,
imbarazzato e perso, proposi in tono di spirito la
prima cosa che mi venne in mente: “Io?!... no...!!!”
Un tentativo di ironia che tutto sommato aveva a che
fare con la mia autostima.
Stefy: “Mi piaci in tutto quello che fai... sei attraente
come pochi... mi piaci come cammini e i tuoi
atteggiamenti... in qualunque occasione.”
“No! Così mi monto la testa...!” Ormai tranquillizzato
e in scioltezza, con spirito brillante, lei mi sorrideva
sciogliendo la tensione.
Sulla via del ritorno la sua voce divenne di un sensuale
da mandarmi in visibilio, tanto da scordare pregiudizi e
tutto ciò che fino ad allora pensavo dovesse stagnare
per sempre nella mia vita.
Si distese per quanto possibile su di me, e, posando la
mano sulla nuca, iniziò ad accarezzarmi. Dovevo stare
attento alla guida in quello stato palpitante, dove tutto
dentro di me si contorceva, e a stento riuscivo a tenere
la strada, le aiuole di sosta mi apparivano
inaspettatamente allettanti.
Finalmente il punto d'incontro a metà tragitto, dove la
mattina lasciava la sua auto e saliva sulla mia, con abiti
e trucco impeccabili.
Ci trovammo avvinghiati in una stretta, quasi a
fonderci in un solo corpo.
Dopo un lunghissimo bacio colmo di desiderio e
passione tra freno a mano, leva delle marce e tante
altre cose che ci ostacolavano, divincolarsi da quel
vibrante e infuocato abbraccio non fu semplice,
avvinghiati come eravamo.
Cedemmo in una risata fragorosa, scoprendo qua e là
dei dolori provocati dalla inesistente comodità,
d'altronde non ricercata.
L'ora di dividerci per il rientro fu tragicomica, nessuno
dei due voleva abbandonare la presa.
Come bambini a decidere, tra le risate, di fare la conta,
convinti che funzionasse, ma di conte ce ne furono più
di una.
Presi io l'iniziativa, per un attimo mi venne in mente la
famiglia a cui rendere conto degli orari, il sangue nelle
arterie si ritirò in un fluire meno vertiginoso.
Importante salvaguardare ora tutto ciò che ci
aspettava.
Verso casa, fui pervaso dal calore della passione a cui
si miscelava una sorta di soddisfazione perversa di
vendetta sulla mia consorte, egocentrica e punitiva
riguardo il sesso, che puntualmente usava come arma
contro questioni e dissensi familiari.
Una umiliazione dolorosa e una reazione che mi
costernava, rendendo la convivenza un inferno in
questa vita maledetta che si accaniva su di me con
negativi ricordi d'infanzia... Volevo il matrimonio in
modo spasmodico, per creare una famiglia tutta mia.
Punto fisso, la grande attenzione nel rapporto a due e i
figli il mio traguardo; la mia vita, l'asse a cui reggermi
per tenermi a bada.
Senza interruzione alcuna, negli anni non si era mai
accettata sia fisicamente che psicologicamente per la
sua realtà familiare umile, e qualche piccola
imperfezione fisica la turbava caratterialmente, si
imbestialiva con istinti anche violenti, se qualcosa non
le andava a genio.
La sua violenza fisica non era un problema, ma
accresceva la mia disperazione.
Chiuso ormai in un ciclo lavoro casa, casa lavoro,
nessuna pur piccola consolazione; le liti, come un
accordo tacito, rimanevano tra noi, i figli stavano fuori
da quel labirinto chiuso. Non le bastò, lo aprì e, come
un’accecante luce, mi ritrovai cadere in un vuoto senza
speranza.
Con ghigno da paranoide, gli occhi fuori dalle orbite,
mi sputò in faccia tante umiliazioni gratuite e
spudorate in loro presenza.
Mi si gelò il sangue, s'irrigidì il corpo, “è finita”,
pensai... Una corsa in ambulanza all'ospedale in stato
comatoso. Una settimana di ricovero, mi presero in
tempo.
Il velo di accortezze durò una settimana e poi tornò
tutto come prima, con la magra consolazione... a detta
degli specialisti: “Ci provi una volta diventa una
persecuzione e ci riprovi per quanto campi.”
Gli incontri con Stefy brillavano di passione... un
salvataggio apparente, la conclusione dell'ordine del
giorno ci mutava, niente e nessuno intorno a noi, il
suo odore, il suo piacere, la sua voglia, la sua fame di
sesso mi sconcertavano come un animale famelico.
I nostri rapporti avevano sì qualcosa di bestiale e
combinazioni non meditate ma naturali.
Al rientro, la notte, un altro piatto pronto che fungeva
da prova del nove.
Mi sottoponevo ad un altro rapporto con la mia
consorte, dando il meglio di me, a dimostrare che ciò
che la turbava non era impressione fondata.
Il mio fisico, quasi per incanto, reggeva in un modo
strabiliante, da non credere, dopo tante umiliazioni mi
sentivo maschio come non mai.
“Come mai oggi così tardi?”
Una volta si avvicinò mentre mi svestivo per mettermi
a letto e mi odorò i genitali. Le andò male poiché,
prevenuto, mi portavo dietro sempre una bottiglia di
acqua e sapone.
“Ebbene sì, caro Gianni, hai visto bene e non sai cosa
sto provando!”
Gianni: “Ma tu sei matto... hai pensato ai tuoi figli e
cosa comporterebbe se scoperto?”
“Prendo le mie precauzioni, sei l'unico a cui l'ho
confidato!”
Gianni: “Avrei preferito non saperlo.”
Mi rimproverò per non essere mai a casa, mi cercava
ovunque, aveva un gran bisogno d'aiuto morale.
Separato e tenuto in pugno dalla moglie e dal
menefreghismo del suo avvocato, gli era stato
impegnato quasi tutto lo stipendio, nonostante la
moglie fosse una dipendente pubblica.
I due figli con lei in una casa in affitto, lui si era
ritrovato a casa sua solo con il mutuo da pagare.
Restavo io ed un altro compagno e la vecchia madre a
tirarlo su di morale.
Economicamente aiutato dalla anziana madre, non
poteva comunque far quadrare i conti.
Dietro nostro consiglio aveva levato il mandato al suo
avvocato e si era consegnato disperato e afflitto nelle
mani di un compagno avvocato che, presa a cuore la
situazione, era riuscito a regolarizzare, almeno
provvisoriamente, la parte economica, così gli era
tornata la grinta di sempre.
Mi raccontò di una ragazza che gli mandava degli
sguardi languidi quando lo vedeva; era felice come un
bambino mentre ne parlava.
Il mio consiglio immediato: “Cosa aspetti a correrle
dietro?” Passò poco per innamorarsi come due
adolescenti.
Lo persi di vista per un lungo periodo, mentre la ex-
moglie dava scandalo in paese, lasciò anche l'amante
che a sua volta non l'accettò bene e ogni momento era
buono per perseguitarla e infliggere molestie di ogni
natura. Passò alle cronache quotidiane del paese. Con
grande soddisfazione per Gianni.
La campagna elettorale era agli sgoccioli, il problema
maggiore non era tanto la politica ma come far
proseguire la nostra storia.
Per sei luridi voti, Stefy mancò la carica di consigliere
regionale, con la gioia degli stalinisti e di tutti i suoi
colleghi di fede politica contraria.
La confinarono in un piccolo ufficio a sbrigare
pratiche di poco conto. La digerì subito, era stato
messo in conto, l'avermi accanto l'aiutò in quella sua
retrocessione professionale.
Le tattiche per incontrarci cambiarono, meno tempo
per stare insieme ma con più foga, trasporto e
bramosia.
La passione per la musica e la pesca notturna
semplificarono gli inganni. Dal sabato pomeriggio alla
domenica mattina o si suonava fino a tarda notte con
gli amici, o la pesca notturna. Si raggiungevano posti
prestabiliti a dir poco incredibili, del tipo: dietro le
mura di cimiteri, pinete abbandonate etc... dove con la
massima tranquillità non si correva rischi di visite da
parte delle forze dell'ordine evitando scandali.
Purtroppo la vita coniugale segnata da sopportazione,
per non avere distacchi dai figli, mutava in peggio di
giorno in giorno. Per la tensione che andavo
accumulando via via, una mattina mi misi a piangere al
telefono con Stefy, l'umore sotto i piedi... ero alla
frutta, pur consolato con tanta dolcezza.
Mi restava la notte, dormivo con i miei figli per non
essere aggredito, la belva che c'era in lei decise di darmi
una dura lezione.
Controllata dal fisco per evasione, la mia categoria era
in fermento. L'ultima e tragica disputa sul cambiare
autovettura, lei il Mercedes, io la Panda. Il controllo
sarebbe stato automatico e in qualsiasi caso il fisco
trovava sempre qualcosa che non andava nelle
contabilità, non perdonando neanche il più piccolo
errore, quindi da evitare assolutamente.
Le umiliazioni scatenarono crisi di umore in ogni
occasione. Stavo sfiorando la depressione.
Presi l'auto e una trapunta ed una notte me ne andai.
Dormii in auto un paio di notti prima di trovare una
casa in affitto, isolata ma poco distante dai miei figli,
con Stefy che cercava di contenere il mio
abbattimento.
La distanza ideale per stare vicino ai miei figli, agire e
provvedere in caso di necessità urgenti, in più la
collocazione appartata ci teneva nascosti da occhi
indiscreti, specialmente per riguardo a Stefy.
Dal pomeriggio dopo il lavoro, insieme fino all'alba.
Una sera, di sabato, dato sfogo alla nostra passione
sessuale, decidemmo di uscire, tempo di una doccia e
di vestirci.
Uscendo dalla porta di ingresso contemporaneamente,
ci incastrammo con i corpi l'uno contro l'altro e le
labbra, dopo una piccola risata per quanto avvenuto, si
ritrovarono in uno sfrenato bacio. Chiusa la porta ci
buttammo nel divano d'ingresso, come se da
un’eternità non congiungessimo i nostri corpi.
Qualcosa di inconsueto faceva vibrare l'anima.
Nel frattempo Gianni, conquistata la sua pulzella,
viveva felice. Rigenerato dalle attenzioni che da anni
gli mancavano, viveva un momento magico.
Un sabato pomeriggio suonò il campanello, non
aspettavo nessuno, tranne i miei figli nessun altro era
al corrente di dove mi trovassi, ma la tensione di
vedere mia moglie ogni tanto mi attanagliava.
Il primo pensiero andò a lei.
Affacciato, vidi con gioia che si trattava di Gianni con
la sua fidanzata.
Un caloroso saluto con un abbraccio d'intesa, al posto
di tante parole inopportune.
Purtroppo dopo uno scambio di complimenti,
giustificazioni e rivendicazioni, si passò ad uno strano
discorso in cui si sentiva dal tono una voglia quasi di
rivalsa nei miei confronti.
Tutto il paese sapeva che veniva cornificato dalla
moglie, io, da amico, ritenni di non affrontare mai il
discorso, convinto ne fosse al corrente.
Al contrario, era sulla bocca di tutti, ma all'oscuro del
fatto. Lui, invece, conosceva da anni la mia situazione,
pochi giorni prima di prendere la mia fatale decisione,
senza volerlo, non ricordo come, tirai in ballo la sua
con una aperta e semplice naturalezza.
Mi guardò come si guarda la morte in faccia e mi
chiese se era uno scherzo.
“Gianni lo sa tutto il paese... mi devi scusare, non ero
al corrente che fossi all'oscuro di tutto” in quel
momento sarei sprofondato.
Gianni: “E non mi hai mai detto niente in tutto questo
tempo?”
Farfugliai qualche cosa ma ero in preda ad una
confusione tale che per lui non aveva più senso quello
che avevo da dire, mi voltò le spalle e se ne andò.
“Gianni! Gianni! Lascia che ti spieghi...” Prima di
rivederci passò qualche mese, lo trovai tranquillo con
Miriam e mi trattò come se nulla fosse accaduto tra noi.
Descrissi loro dove abitavo che avrei aspettato una loro
visita al più presto e così fu.
Gianni: “Sai, caro, che la mia ex esce spesso con la tua
ex?”
“Ah sì?”
Gianni: “E sì... ma c'è un fatto che non sai, la mia ex ha
mollato l'amante e sta con un altro, l'ex amante pare
non l'abbia presa bene, e sai cosa sta accadendo?”
Ascoltavo con interesse, vidi Miriam che cambiò
completamente espressione.
Gianni: “La segue ovunque, in pratica è uscito di testa e
ne sta combinando di tutti i colori, sono diventati la
barzelletta del paese, sono stati cambiati d'ufficio, ma la
cosa più grave è che la segue in ascensore, lo blocca e le
mette le mani addosso, squarcia i pneumatici dell'auto
del nuovo amante e importuna Eleonora (la loro figlia
adolescente), la minaccia di violenza”.
Questo non poteva accadere, perché Gianni faceva da
mastino al riguardo: l’avrebbe fatto fuori se si fosse
accanito sui figli.
Gianni: “Poi c'è altro, caro Davide, tutte le volte che
esce in auto, a passeggio, al mare, tenta di mandarla
fuori strada e puntualmente ci sono i tuoi figli e la tua
ex-moglie!”
Non ero più seduto sulla poltrona... ero in pieno
scompenso mentale, mi sentii mancare, un blocco tale
da non focalizzare più ciò che mi circondava... da non
riuscire più a parlare.
Al momento non compresi chiaramente, aveva avuto la
sua vendetta? Mi sembrava di aver intuito qualcosa un
attimo dopo, dalle loro facce.
Andarono via lasciandomi in quello stato, non potevo
sapere con certezza di una loro eventuale soddisfazione
di avermi messo in una sconvolgente situazione.
Non volli vederli e sentirli mai più, non li cercai, non mi
cercarono. Dopo qualche ora di sconforto e confusione
mentale ne avevo la certezza: la vendetta era stata
servita! Anche trovando casa così vicino, compresi che
potevano succedere azioni o fatti di questo genere senza
poter agire in merito.
Non avevo nessun diritto di proibire alla mia ex-moglie
di fare, di avere le amicizie o altro a suo piacimento! Ma
i miei figli?...
Astemio da sempre, presi una bottiglia di limoncello
che non ricordo neanche come e perché si trovasse in
casa. La scolai tutta con la speranza che desse sollievo al
macello che avevo in testa. Al contrario, raggiunto il
bagno dove tenevo le lamette per la barba... disteso sul
letto le affondai sui polsi con forza provando una
inconscia soddisfazione. La vista del sangue al contrario
aumentava la voglia di suicidio... di morte... dopo
poco, tra sangue e alcool, persi i sensi. Oggi per fortuna
i miei figli godono di ottima salute, forti e sani
fisicamente e mentalmente. E il Davide di allora?
Mollato da Stefy, per paura di scandali, trovò tutte le
strade della sua vita in salita, sopravvivendo a diversi
tentativi di suicidio, ora vive con le attenzioni di una
compagna di vita e della figlia, impossibilitato al lavoro
e ad una vita serena.

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